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Conferenza di Copenhagen

Rinnovabili in cerca di risorse

di Federico Ferrazza

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7 maggio 2010

Servono investimenti per 600 milioni nell'arco dei prossimi tre anni. Soldi utili a far diventare l'Italia uno dei protagonisti europei del mercato energetico. Almeno dal punto di vista dell'innovazione. È questo l'appello lanciato ieri a Roma dall'Airi (Associazione italiana per la ricerca industriale) durante il convegno "Giornata Airi per l'innovazione industriale" svoltosi all'Enea.

La situazione reale è diversa. Oggi la stima è di circa 350 milioni di investimenti. «I 600 milioni – dice Renato Ugo, presidente dell'Airi – sono una necessità tecnica perché come noto in Italia il prezzo dell'energia è alto, acquistando dall'estero materie prime che come nel caso del gas o del petrolio si stanno esaurendo. C'è bisogno di sostenere la ricerca su fonti alternative».
L'associazione, però, non chiede che questi soldi arrivino solo dal pubblico, ma occorre un meccanismo virtuoso che porti i privati a coprire il 60-70% degli investimenti. Denaro che serve non solo per la ricerca ma anche per lo sviluppo e l'industrializzazione di quanto realizzato nei laboratori italiani.

Nel corso del convegno di ieri diverse realtà hanno mostrato alcune delle loro ricerche di punta. L'Eni – che si è aggiudicato il premio per l'innovazione Oscar Masi 2009 – ha fatto vedere come sia possibile aumentare l'efficienza delle celle solari fotovoltaiche al silicio. Ci riesce grazie a un sistema che si basa su materiali fluorescenti che permettono di recuperare parte delle radiazioni solari al di fuori dell'intervallo spettrale ottimale per il silicio, trasformandole in radiazioni utilizzabili dallo stesso silicio. Ma non è l'unica ricerca su cui si sta concentrando la società. Che sta pensando anche a celle solari polimeriche con diversi vantaggi: flessibilità, più alta efficienza, dimensioni e costi di produzione inferiori.

Enel sta puntando sull'eolico e sull'energia dal mare. Nel primo caso si stanno sviluppando pale intelligenti che grazie a dei sensori sono in grado di modificare il loro profilo aerodinamico in base al cambiamento delle condizioni ambientali. Il mare, invece, può essere "sfruttato" in diversi modi: generando elettricità dal movimento delle maree oppure trasformando in energia la differenza di concentrazione di sale o della temperatura dell'acqua a diverse profondità.
In generale, comunque, non c'è bisogno di trovare nuove fonti rinnovabili per ridurre le emissioni di CO2. «Occorre lavorare per rendere più efficienti i sistemi che già ci sono attraverso un'accelerazione tecnologica», dice Carlo Manna, responsabile dell'Ufficio Studi dell'Enea. Una strategia simile può ridurre l'impatto ambientale del nostro paese che rispetto al resto d'Europa non è indietro sul fronte delle rinnovabili: siamo in media con il 16,8% della generazione elettrica proveniente da fonti alternative. «Ci differenzia dall'Europa la mancanza del nucleare che da noi raddoppia il ricorso al gas (48,4% contro il 21,6 europeo)». Ma, continua Manna, «anche il nucleare non può che essere un passo intermedio. Nel lungo periodo l'unica strada percorribile è nelle rinnovabili». Sfruttando il 5% dell'energia che il Sole manda sulla Terra in un anno si potrebbe soddisfare il fabbisogno del pianeta.

7 maggio 2010
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